Olea Europaea - L'Olivo
L’olivo o ulivo, nome scientifico Olea Europaea è un albero secolare da frutto che si presume sia originario dell’Asia Minore e della Siria, perché in questa regione l’olivo cresce spontaneamente formando delle vere foreste sulla costa meridionale dell’Asia Minore. Qui appunto i Greci cominciarono a coltivarlo scoprendone le sue molteplici proprietà.
Fu utilizzato fin dall’antichità per l’alimentazione. Le olive, i suoi frutti, sono impiegati per l’estrazione dell’olio di oliva e, in misura minore, per l’impiego diretto nell’alimentazione.
La pianta appartiene alla famiglia delle Oleaceae e al genere olea.
L’ulivo è un albero sempreverde, la cui attività vegetativa è pressoché continua, con attenuazione nel periodo invernale. Ha crescita lenta ed è molto longevo tuttavia a differenza della maggiore parte degli altri fruttiferi, la produzione non diminuisce con gli anni.
L’olivicoltura italiana è presente in 18 regioni su 20, anche se è principalmente diffusa nelle Regioni meridionali ed insulari, in particolare nelle Regioni: Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata,Campania e Sardegna dove si realizza l’88,0% della produzione nazionale.
La superficie olivicola mondiale è cresciuta negli ultimi 30 anni di oltre il 30%.
Lo sviluppo dell’olivicoltura nel mondo è dovuto alla grande qualità dell’alimento principe della Dieta Mediterranea, sia sotto il profilo nutrizionale, del benessere, del paesaggio e della tutela ambientale contro il dissesto idrogeologico e la desertificazione.
Le Dimensioni
Le dimensioni delle piante sono piuttosto variabili: mentre nel centro nord Italia prevalgono forme di allevamento piuttosto intensive, gli alberi hanno dimensioni contenute ( max 3 metri di altezza).
Viceversa nel sud, dove l’olivicoltura è ancora di tipo tradizionale, gli alberi sono grandissimi tanto da essere denominati “Colossi”. Essi possono arrivare anche ai 10 metri di altezza.
Morfologia
Le radici, per lo più di tipo avventizio, sono espanse e superficiali: in genere non si spingono oltre i 0,7-1 metro di profondità. La ceppaia o pedale forma delle strutture globose, dette ovoli, da cui sono emessi ogni anno numerosi polloni basali.
Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro e legno duro e pesante particolarmente apprezzato per le sue caratteristiche venature.
ll tronco spesso risulta fortemente contorto con presenza di costolature, dette “corde” che hanno il compito di assicurare la sopravvivenza della pianta in particolari situazioni quali invecchiamento, incendi, gelate.
Ciascuna corda è come se fosse un albero assestante dal momento che ciascuna di esse ha un sistema di vasi xilematici e floematici a se stanti rispetto al resto della pianta!
La Chioma
La chioma ha una forma conica (mesotona), con branche fruttifere e rami penduli o patenti.
Le foglie sono opposte, coriacee, semplici, intere, ellittico-lanceolate, con picciolo corto e margine intero, spesso revoluto. La pagina inferiore è di colore bianco-argenteo per la presenza di peli squamiformi detti peli stellati per la loro forma al microscopio. La parte superiore invece è di colore verde scuro.
Le gemme sono per lo più di tipo ascellare.
Il fiore è ermafrodita, piccolo, con petali bianchi. I fiori sono raggruppati in numero di 10–15 in infiorescenze a grappolo, chiamate “mignole”, sono prodotti dalle gemme presenti sui rami di 1 anno.
La mignolatura ha inizio verso marzo–aprile mentre la fioritura vera e propria avviene, secondo le cultivar e le zone, da maggio alla prima metà di giugno. I fiori sono ermafroditi e l’impollinazione prevalentemente anemofila.
Il frutto è una drupa ellissoidale o ovoidale a seconda della cultivar. È formato da una parte “carnosa” (polpa) che contiene dell’olio e dal nocciolo legnoso e rugoso. Il peso del frutto varia tra 1–5 grammi nel caso di cultivar da olio mentre può arrivare anche a 10 grammi nelle cultivar da mensa (oliva ascolana).
Col procedere della maturazione
Con il procedere della maturazione, il colore dell’epicarpo cambia dal colore verde intenso, al giallo paglierino e successivamente al violetto, fino ad assumere con la maturazione fisiologica e in rapporto alla varietà colore rosso vinoso o nero corvino.
Fenologia – L’ulivo attraversa un periodo di riposo vegetativo che coincide con il periodo più freddo, per un intervallo di tempo che dipende dal rigore del clima.
Alla ripresa vegetativa, che orientativamente si verifica a febbraio, ha luogo anche la differenziazione a fiore; dalla fine di febbraio e per tutto il mese di marzo si verifica un’intensa attività vegetativa dapprima con l’accrescimento dei germogli, poi anche con l’emissione delle mignole, fase che si protrae secondo le zone fino ad aprile. La mignolatura ha il culmine in piena primavera, con il raggiungimento delle dimensioni finali.
Da maggio alla prima metà di giugno, secondo la varietà e la regione, ha luogo la fioritura, piuttosto abbondante. In realtà la percentuale di fiori che porteranno a compimento la fruttificazione è ridottissima, generalmente inferiore al 2%. (colatura fisiologica dovuta al fatto che la maggior parte dei fiori ha lo scopo di produrre il polline.). Alla fioritura segue l’allegagione, in linea di massima dalla metà di giugno cioè l’inizio della formazione del frutto.
In questa fase la corolla appassisce e si secca persistendo fino a quando l’ingrossamento dell’ovario ne provoca il distacco. Sulla percentuale di allegagione possono incidere negativamente eventuali abbassamenti di temperatura, gli stress idrici e i venti caldi.
Dopo l’allegagione ha luogo una prima fase di accrescimento dei frutti, che si arresta quando inizia la lignificazione dell’endocarpo. Questa fase, detta “indurimento del nocciolo”, ha inizio nel mese di luglio e si protrae orientativamente fino agli inizi di agosto.
L'accrescimento dei frutti
Fenologia – L’ulivo attraversa un periodo di riposo vegetativo che coincide con il periodo più freddo, per un intervallo di tempo che dipende dal rigore del clima.
Quando l’endocarpo è completamente lignificato riprende l’accrescimento dei frutti, in modo più intenso secondo il decorso climatico.
Da ottobre a dicembre, secondo la varietà, ha luogo l’invaiatura, cioè il cambiamento di colore, che indica la completa maturazione. L’invaiatura è più o meno scalare sia nell’ambito della stessa pianta sia da pianta a pianta. All’invaiatura l’oliva cessa di accumulare olio e si raggiunge la massima resa in olio per ettaro.
Dopo l’invaiatura le olive persistono sulla pianta. Se non raccolte vanno incontro a una cascola più o meno intensa ma differita nel tempo fino alla primavera successiva.
In questo periodo la resa in olio tende ad aumentare in termini relativi: il tenore in olio aumenta perché le olive vanno incontro ad una progressiva perdita d’acqua.
In realtà la resa in olio assoluta (in altri termini, riferita all’unità di superficie) diminuisce progressivamente dopo l’invaiatura perché una parte della produzione si perde a causa della cascola e degli attacchi da parte di parassiti e fitofagi.
Esigenze climatiche e pedologiche
L’olivo, si ricorda, è una specie tipicamente termofila ed eliofila per cui tollera molto bene climi caldi. Fino anche ai 40 ° C. Nel nostro Paese il fattore limitante sono, quindi, le temperature minime invernali: con temperature al di sotto di -7 °C le piante iniziano a subire danni.
Con gelate e temperature sotto i -13 °C, la parte aerea viene molto compromessa.
Altre condizioni dannose per coltivare l’olivo sono gelate tardive, che danneggiano le mignole e le piogge insistenti nel periodo della fioritura perchè ostacolano l’impollinazione.
Infine, l’albero di olivo non tollera bene gli ambienti troppo umidi, ad esempio dove di frequente ci sono nebbie. Un’alta umidità favorisce le malattie crittogamiche e gli attacchi di parassiti.
Per quanto riguarda il terreno, va notato che è possibile coltivare questa pianta su un’ampia tipologia di terreni dal momento che l’albero mostra una grande adattabilità e riesce crescere e a produrre anche in suoli con una limitata dotazione di sostanza organica.
I risultati migliori si ottengono quando la coltivazione dell’ulivo avviene su terreni di medio impasto, o sciolti perchè questi offrono una buona areazione e non hanno problemi di ristagno idrico particolarmente temuto.
Sono quindi da evitare i terreni pesanti e asfittici, che danno luogo a ristagno idrico. Il pH ideale dovrebbe essere compreso tra 6,8 e 7,5.
Vegeta bene anche su terreni grossolani o poco profondi, con rocciosità affiorante e calcarei. Fra gli alberi da frutto è una delle specie più tolleranti alla salinità, pertanto può essere coltivato anche in prossimità dei litorali.
Cultivar
Il geoplasma olivicolo mondiale comprende circa 2629 varietà. Quello italiano comprende 631 cultivar.
La decisione della varietà da impiantare deve rispondere a più esigenze, ovvero:
- produttività
- resistenza a malattie e parassiti
- impollinazione incrociata
- meccanizzazione della raccolta
- qualità dell’olio ottenibile
Chi decide di investire in questa importante e impegnativa cultivar, di sicuro vuole garantirsi delle ottime rese produttive. Ad esempio, ci sono varietà che assicurano un ottima resa, ma che magari hanno meno contenuto in polifenoli; quindi producono un olio di qualità peggiore. Oppure ci sono varietà meno sensibili a malattie fungine e parassiti, ma con rese più basse.
Le cultivar dell’olivo si classificano in base all’utilizzo delle drupi in:
- cultivar da olio
- cultivar da mensa
- cultivar a duplice attitudine
Nel caso degli olivi coltivati per la produzione di olio, la moderna olivicoltura si orienta verso due possibili scelte:
Oliveti monovarietali: cioè oliveto in cui è presente una sola varietà di olivo. Vanno comunque inserite piante impollinatrici dal momento che molte piante di olivo sono autoincompatibili.
Oliveti multivarietali nel caso in cui si coltivano ulivi di varietà diverse che però devono avere tempi di maturazione simili.
Bisogna ricordare che nell’olivo e precisamente nel polline e negli ovuli, ci sono dei fattori di sterilità (S1, S2,…). Quando questi fattori sono uguali non avviene la formazione del frutto. In un oliveto è indispensabile quindi la presenza di più cultivar per evitare questo problema.
Ecco alcune tra le cultivar da olio più diffuse:
Frantoio
Nativa della Toscana, la sua presenza si concentra nelle province di Lucca, Pistoia e Pisa. E’ una pianta caratterizzata da elevata e costante produttività e grande adattabilità alle condizioni climatiche più diverse
Il peso medio delle olive è di circa 2 g con una buona resa in olio (23 per cento); da questa cultivar si ottiene un olio dal colore verde netto con deboli note giallognole che si distingue per il gusto fruttato d’oliva di media-forte intensità, complesso ed elegante con ampi toni vegetali che riportano al cardo e al carciofo su un fondo di mandorla secca.
Leccino
Dalla Toscana, questa varietà di olivo si è diffusa nel resto dell’Italia centrale, in Umbria, Abruzzo, Molise, Lazio, Marche.
I suoi frutti hanno un peso che varia tra 2 e 2,5 g ed una maturazione precoce per cui all’atto della molitura presentano un colore nero corvino con una resa in olio media che si attesta intorno al 20 per cento.
L’olio ottenuto dalla cultivar Leccino ha un fruttato di oliva prevalentemente matura unitamente a profumi vegetali. Al gusto, la sensazione di amaro e di piccante risulta contenuta o comunque di lieve entità.
Altre varietà
Coratina
Varietà molto diffusa in Puglia, particolarmente nella provincia di Bari, in particolare in tutto il nord barese e in parte della provincia di Foggia.
I frutti, leggermente asimmetrici, hanno un peso medio superiore ai 4 grammi.
La resa in olio si aggira attorno al 25 per cento. Produce un olio intensamente fruttato e fortemente persistente al gusto. All’olfatto vi è un forte sentore di oliva fresca
Moraiolo
E’ una varietà che si ritiene originaria della Toscana ma tipica e molto diffusa anche in Umbria soprattutto a sud di Perugia, nella valle spoletina.
I frutti sono di piccole dimensioni, di poco superiori al grammo, ma con una resa in olio che supera il 20 per cento. Il colore dell’olio è verde netto più o meno intenso.
Tecniche di Coltivazione
Impianto
La scelta della forma di allevamento degli ulivi è di fondamentale importanza per la corretta gestione futura dell’uliveto. La piantumazione degli alberi d’olivo generalmente avviene nella fase del riposo vegetativo (autunno, inizio inverno) purchè lontano dal pericolo di gelate. E’ importante acquistare materiale certificato.
Nelle zone molto calde, il periodo migliore è l’autunno o l’inizio dell’inverno, evitando i periodi più freddi.
La forma di allevamento, infatti, s’imposta all’inizio della coltivazione dell’ulivo, con le prime operazioni di potatura.
La forma da scegliere deve favorire:
- rapida crescita e precoce entrata in produzione dell’uliveto;
- buona illuminazione della chioma
- arieggiamento della chioma
- produzione costante ed elevata
- agevolazione delle operazioni colturali di raccolta e potatura.
Le forme di allevamento variano tra Sud e Centro nord poiché le piante assumono dimensioni diverse quelle più utilizzate sono:
Centro Nord: mono cono e poli cono o forma ad ipsilon.
Sud: prevalentemente globo.
I sesti di impianto più frequenti sono quello quadrato e rettangolare (5 X 5 fino anche a 10 X10).
Lavorazioni
L’oliveto non richiede grandi lavorazioni; è indispensabile fare uno scasso o un’aratura profonda prima dell’impianto con una buona concimazione di fondo.
Concimazioni
In genere, nella coltivazione dell’olivo si utilizzano concimazioni letamiche oppure, in alternativa, si pratica il sovescio (concimazione verde).
La concimazione dell’uliveto oltre che prima dell’impianto si ripete anche annualmente o ad intervalli più ampi.
Talvolta si assiste al pascolo di greggi di pecore che oltre ad eliminare le erbe infestanti, concimano il terreno con le loro deiezioni.
Irrigazione
L’irrigazione dell’uoiveto va effettuata quando le piogge sono insufficienti a garantire una buona riuscita della coltivazione.
I momenti in cui l’albero d’ulivo è più sensibile agli stress idrici sono:
- prefioritura, fioritura e allegagione (periodi solitamente piovosi);
- accrescimento dei frutti (dall’allegagione all’inizio dell’indurimento del nocciolo, periodi solitamente secchi).
Il sistema d’irrigazione più efficienti nella coltivazione dell’olivo è quello a goccia perchè permette di evitare gli sprechi d’acqua.
Inerbimento
La tecnica dell’inerbimento presenta problemi in quelle zone in cui la disponibilità idrica (naturale e artificiale) è limitata. Questo accade poiché si crea troppa competizione tra il tappeto erboso e la coltivazione di olivi. Per questa ragione, dove le precipitazioni sono scarse (tra 400 e 600 mm/anno) e non si ha a disposizione un pozzo per irrigare, conviene optare per le lavorazioni per eliminare il problema delle erbe infestanti.
L’inerbimento può essere un vantaggio laddove l’acqua non manca e nei terreni declivi, per evitare l’erosione.
Potatura
La tecnica della potatura ha prima di tutto lo scopo di far raggiungere alla pianta una forma ottimale e di mantenerla nel tempo.
Potare serve anche a equilibrare la produzione: la vegetazione viene regolata perché i rami possano produrre in modo costante e non ad anni alterni, come sarebbe tipico delle piante di olivo lasciate a sé stesse. Interventi periodici di taglio servono anche a permettere circolazione d’aria e accesso dei raggi solari alla chioma, questo evita ristagni di umidità, che sono la principale causa di malattie nell’oliveto.
Effettuando operazioni di potatura è consigliabile evitare di effettuare interventi energici che lasciano ferite sulle piante di ulivo e permettono il diffondersi di malattie. Altra buone prassi per evitare patologie è disinfettare gli attrezzi utilizzati, soprattutto se l’intervento viene eseguito su piante di ulivo che manifestano evidenti sintomi di malattie.
Patologie dell'Olivo
Mosca dell’Olivo
La mosca dell’olivo è un insetto dell’ordine dei Ditteri (mosche).
L’insetto adulto è si presenta con un colore bruno-dorato. La testa tende al rossiccio, gli occhi sporgenti, di colore verde, hanno riflessi metallici.
La femmina deposita le sue piccolissime uova per mezzo dell’ ovopositore sulle piccole olive a partire da giugno e fino a luglio.
Ogni femmina adulta può deporre fino a 250 uova, uno per oliva. L’uovo si schiude dopo pochi giorni e la larva inizia a nutrirsi della polpa dei frutti.
I danni principali della mosca dell’olivo sono dovuti all’attività delle larve. Queste si nutrono della polpa delle olive, all’interno delle quali scavano profonde gallerie. La drupa intaccata dalla mosca si presta all’attacco di microorganismi e batteri, che spesso portano alla cascola e causa un parziale irrancidimento delle goccioline di olio.
La lotta alla mosca si avvale molto spesso dell’uso di trappole cromotropiche di colore giallo (colore che attrae la mosca), cioè trappole adesive particolari, attivate con un feromone specifico.
Per il solo monitoraggio sono sufficienti 2-3 trappole ad ettaro. Queste trappole, oltre a monitorare, effettuano anche la cattura massale. Questa avviene sistemandone una per ogni pianta. La trappola andrà posta a 2 m di altezza, sul lato sud della chioma dell’albero.
Un sistema alternativo è quello delle Esche proteiche, cioè miscele di sostanze proteiche intrise di insetticida: le esche attirano gli insetti adulti, che, nutrendosi, sono uccisi dall’insetticida. Questo metodo può essere usato anche nell’agricoltura biologica purchè si usi un insetticida naturale.
Occhio di Pavone e Rogna dell'Ulivo
Occhio di Pavone
L’occhio di pavone, o cicloconio, è forse la malattia fungina più diffusa negli uliveti.
La sintomatologia tipica si evidenzia per lo più nelle parti verdi dell’albero (foglie e piccioli, rametti, frutti e i loro peduncoli), ma l’evidenza e il danno maggiore si hanno sull’apparato fogliare. Qui, l’occhio di pavone penetra sotto la cuticola, colonizzandola.
Sulle foglie la sintomatologia è evidente: appaiono anomale macchie grigie e rotonde, circondate da una banda bruna. Intorno a questa macchia, nei mesi più caldi, compaiono aloni gialli, rossi o bruno-verdastri.
Le foglie interessate dall’attacco del fungo cadono e questo si ripercuote sull’attività vegetativa e produttiva della pianta d’ulivo. Sia la produzione dell’anno, che l’attività riproduttiva e vegetativa degli anni successivi possono essere compromesse in modo grave. Sia in agricoltura biologica che convenzionale, il metodo più diffuso per prevenire l’occhio di pavone è l’uso di a base di rame.
Rogna dell’Ulivo
La rogna dell’olivo è una malattia batterica.
Sono diverse le ragioni che permettono al batterio di insinuarsi all’interno degli ulivi. E diverse sono anche quelle che contribuiscono al suo diffondersi, sia sulla stessa pianta, che sugli altri alberi.
La causa primaria sono le lesioni, che per diversi motivi si possono verificare sulle piante (potature, danni con mezzi meccanici, abbacchiatuta,…). Il batterio della rogna dell’olivo si insinua nella pianta attraverso i flussi linfatici e quindi ha una diffusione progressiva.
Sull’albero colpito si ha progressiva perdita di vigore e indebolimento generale della pianta, con rischio di disseccamento delle branche interessate.
La prevenzione, quindi, è quella di sigillare le ferite.
Xylella Fastidiosa
Si tratta di un batterio Gram negativo, che vive e si riproduce all’interno dei vasi xilematici, che permettono il circolo di acqua e sali minerali all’interno della pianta di olivo. Il batterio è noto per i gravi danni che arreca a diverse colture agrarie.
Quando una pianta viene infettata, i batteri formano un gel nello xilema, ostruendo il flusso dell’acqua attraverso i vasi linfatici della stessa e bloccando la sua nutrizione. Le foglie ed i rami in questo modo disseccano.
La lotta alla Xylella è particolarmente complicata da effettuare, perché il batterio ha diverse piante ospiti.